“Negli ultimi 10 anni la pubblica amministrazione (centrale e locale) ha capito poco o nulla di Internet. La Rete viene praticamente usata solo come vetrina … pochi o pochissimi siti permettono di non recarsi ad un ufficio pubblico e così risparmiare tempo … secondo l’Istat i servizi a piena interattività (quelli che permettono di non presentarsi ad un ufficio pubblico) sono presenti solo nel 3,2% delle amministrazioni locali. E’ quello che risulta da un indagine de L’Espresso di questa settimana a cura di Federico Ferrazza, Naufragi sul web (L’Espresso n° 17 del 2009). Nella stessa indagine si scopre che il pagamento della tassa dei rifiuti solidi urbani si può fare solo nell’8,7% dei comuni italiani sopra i 10.000 abitanti, che le contravvenzioni si possono pagare solo nel 4,8%; che i certificati anagrafici on line sono disponibili solo nel 4% degli enti locali e che iscrizioni all’asilo con Internet sono possibili soltanto nel 1,6% dei comuni. Inoltre solo il 10,6% degli italiani hanno ottenuto informazioni on line dalla PA. Per l’Onu l’Italia è al 56° posto tra i paesi che favoriscono il coinvolgimento dei cittadini via internet.
Da questa e da altre indagini risulta un dato estendibile al settore della sanità: ogni ente ha il suo programma, il suo sito, ma soprattutto il suo produttore di software e il suo provider preferito; questi programmi non sono interoperativi, non parlano tra di loro e spesso mancano di strumenti per l’identificazione del cittadino, mentre risulta documentata, anche dalla stessa indagine de L’Espresso, il fallimento dei programmi governativi italiani di e-Government. Se penso ai tanti discorsi del Ministro Brunetta e ai premi che si distribuiscono a piene mani in Italia per il buon e-Gov…! Un mondo autoreferenziale che vive su se stesso.
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