C’è molta attesa per la Testimonianza del Presidente della Regione Emilia Romagna Bonaccini alla Scuola dei Diritti Achille Ardigò. La Regione è il principale ente di riferimento per la gestione della sanità e i Diritti dei Cittadini in ambito sanitario hanno un grande peso. Poi molte persone vogliono un rapporto diretto sui loro problemi – liste di attesa per visite, esami, interventi chirurgici, funzionamento dei Cup, ecc. – con chi ha la rappresentanza politica diretta, con chi è stato eletto direttamente dalla gente (Sindaci, Presidenti di Regione), perché sono stanchi della burocrazia e delle intermediazioni burocratiche, che spesso si manifestano in modo arrogante. Anche Achille Ardigò riteneva che chi è stato eletto direttamente dagli elettori (e non ‘nominato’ dalla politica) abbia un diritto-dovere di confrontarsi direttamente con i cittadini. Siamo alla terza lezione (su 13!) della Scuola e già sono emersi un mare di problemi e opportunità. Don Matteo, il nostro Arcivescovo, ci ha ricordato i Diritti degli Ultimi anche a garanzia di quelli di tutti noi; il Sindaco Merola si è spinto oltre, dicendo che non basta occuparsi degli Ultimi e che occorre un nuovo Welfare di Comunità, citando espressamente Ardigò (e anche il contributo che da e potrebbe dare l’Associazione in questo progetto). Il tema della sanità è più delicato, investe una spesa enorme, molto superiore a tutta quella dei Comuni messi assieme; qui c’è storicamente un sistema partecipativo debole (a differenza dei Comuni e delle Circoscrizioni) che lascia molto spazio alla burocrazia; e anche i medici, non solo i cittadini, soffrono di questa carenza. La figura del medico curante è socialmente importante: il medico di famiglia, il chirurgo, il medico specialista. Il buon medico è sempre con la persona, con i cittadini, a differenza della burocrazia. Ardigò vedeva nel rapporto diretto tra una persona che soffre è un medico che tenta di aiutarla, la cellula di base di tutto l’edificio del sistema sanitario. Il ‘di più’ diceva, scherzando, ‘ce lo mette il diavolo’. Ovviamente quest’ultima era una metafora, però non dimentichiamo che quasi tutti i regimi dittatoriali hanno perseguitato i medici (oltre ai cittadini). Vi ricordate il romanzo di Aleksander Solženicyn ‘Divisione Cancro’, ambientato a Taskent negli anni 50 del ‘900, dove lui, malato di tumore e deportato dal regime comunista, fu curato in un ospedale siberiano. Quel romanzo, del più grande scrittore russo dopo Tolstoi e Dostoevskij, premio Nobel per la letteratura, è un monumento ai medici e alla loro difficile attività, spesso ostacolata dai potenti. Era il lontano 1953 e Stalin, poco prima di morire di un infarto che nessuno si azzardò a curare, aveva appena lanciato la campagna contro ‘il complotto dei camici bianchi’, accusando quasi tutti i medici dell’Unione Sovietica di essere al servizio della CIA, con arresti e deportazione di massa. Altri tempi, ma la storia insegna tante cose. L’altra sera sera ad Asmara, in Eritrea, ho avuto l’onore di avere a cena a casa mia (cena frugale!) cinque medici ortopedici del Rizzoli e dell’Asl di Bologna, tra i quali l’amico Prosperi, che da anni usano le loro ferie – come ho già scritto – per stare come volontari nella sala operatoria di pediatria del vecchio ospedale Regina Elena (oggi Orotà). Questi sono i nostri medici bolognesi! Cittadini e medici curanti – questa aggettivizzazione era cara a Cesare Maltoni, in grande oncologo bolognese per distinguere chi sta in corsia e chi dietro una scrivania – assieme per i diritti della gente, l’intersoggettività positiva, empatia, sognata da Achille Ardigò è oggi dalla sua Scuola.
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