Autunno di lavoro. Il 10 settembre, dopo un anno dalla morte di Ardigò

Le ferie sono ormai, da un po’ di tempo, alle spalle. Ora bisogna pensare a questo difficile autunno, in cui si annunciano pandemie. L’allarme sulla “suina” mi pare esagerato, come lo era quello dell’aviaria che ha provocato solo una strage di pennuti, ma per mano dell’uomo e non del virus. Ero a Londra in agosto e non ho visto una sola “mascherina” indossata da qualcuno in tutta la metropolitana per quindici giorni. Ci attendono molti impegni. Dobbiamo completare entro l’anno il Progetto Sole, con l’apertura della rete al cittadino che così può accedere al suo FSE (fascicolo sanitario elettronico personale). Una innovazione straordinaria della sanità italiana che si realizza per la prima volta qui, in Emilia-Romagna. Parte il nuovo Cupweb, interamente su Internet. Continua la progettazioni delle reti socio-sanitarie per la Regione Emilia-Romagna (andiamo verso un SOLE del sociale? Che completa il FSE del cittadino in un Fascicolo socio-sanitario elettronico personale? Un tema da approfondire). Il progetto e-Care ha superato a Bologna i 3000 anziani in rete (ma anche a Ferrara ha ottenuto ottimi risultati) e bisogna consolidarlo con nuovi servizi: se n’è parlato l’altra sera alla Festa dell’Unità di Bologna,con un forte riconoscimento della positività del lavoro svolto (presenti al dibattito Paolo Mengoli, Stefano Grossi, Nadia Musolesi, Donata Lenzi e tanti operatori dei servizi e del volontariato). Sono contento di ciò, perché l’e-Care è uno di quei servizi che, come il Cup di 20 anni fa, “anticipa il futuro” e per questo è difficile da comprendere. Parte la cartella clinica via WEB dell’Ospedale Sant’Orsola Malpighi (una delle prime esperienze europee). La presenteremo il 13 ottobre, inaugurando il Centro di digitalizzazione delle cartelle cliniche ospedaliere di CUP 2000 a Minerbio. Poi c’è da progettare la My Page, la nuova IPERBO del Comune di Bologna. C’è poi l’attività di ricerca e formazione avviata con l’Università di Bologna sull’e-Health. E’ tanto il lavoro che ci attende in questo autunno-inverno, ma l’azienda è sana e si avverte tra i manager e i dipendenti un forte spirito di collaborazione e perfino di entusiasmo. C’è però un appuntamento ancora più importante. Il 10 settembre ricorderemo all’Università di Bologna Achille Ardigò ad un anno dalla morte (Facoltà di Scienze Politiche, Strada Maggiore 45). Il Professore è stato veramente un uomo e uno studioso straordinario. Ho riletto, dopo la sua morte, due suoi libri. “Società e salute, lineamenti di sociologia sanitaria”, edito Franco Angeli, 1997, che mi ha regalato con una dedica di suo pugno “…nel ricordo di tante azioni insieme compiute per ridurre lo squilibrio tra domanda e offerta di servizi sanitari …”, datata 17 luglio 1997; e “Per una sociologia oltre il post moderno” edizione Laterza, 1988. Il suo è un pensiero nuovo che esce dal secolo appena trascorso, il ‘900, il secolo della burocrazia. Lui ha trasportato queste idee del terzo millennio anche nell’impegno civile e politico, nella Bologna negli ultimi quarant’anni. Ma è un pensiero scomodo, perché si basa su un concetto di “potere debole” (da non confondere con pensiero debole, alla moda, di Gianni Vattimo e compagni, con cui invece Ardigò ha polemizzato duramente.). Lui pensava alla gente, al cittadino “che si fa sistema” con le sue iniziative spontanee, per frenare l’invadenza dei sistemi organizzati, dei poteri forti: partiti, sanità, università, istituzioni, gruppi economici. Un’idea attualissima: Obama, di recente, ha parlato di “soft power” come forma di “smart power” (si veda il bell’articolo di Federico Rampini sul La Repubblica di due giorni fa). Un “potere debole” basato su un “pensiero forte”: questo era Achille Ardigò. La sua era un’azione a volte perfino disperata, per dare spazio al mondo vitale della gente, ai comitati per i diritti in sanità, ai gruppi tematici, agli anziani. Per questo era visto con sospetto, a volte apertamente osteggiato dai potenti di turno, qualche volta anche nella sua città, Bologna. Si preferiva citarlo, quando faceva comodo, in modo rituale, ricordare il “Libro Bianco” che negli anni cinquanta aveva scritto con Dossetti sull’istituzione dei quartieri cittadino (che lui, per altro, non voleva affatto “istituzionalizzare”, come invece si è fatto). Ma Ardigò restava un personaggio “scomodo” al potere di qualsiasi parte politica. Con noi, di CUP 2000, ha avuto un rapporto che riesco a definire con un solo aggettivo: vero. Il suo studio in questo decennio era lì, da noi; ci spronava, ci criticava, appariva a volte strano e scorbutico, ma poi scoprivi che era un importante sostegno scientifico, morale, ma soprattutto umano. Quando eri in difficoltà – cosa che dai noi capita spesso, perché ci occupiamo di innovazione in sanità… – te lo trovavi quasi naturalmente al tuo fianco, una voce forte e incoraggiante, a cui eravamo abituati. A me dava un senso di straordinaria sicurezza. Ci manca, e abbiamo la sensazione che le cose, qui da noi, non sono più come prima.


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