Mi scrive il signor Perliti:
Caro professore, perché ostinarsi a forzare gli assistiti ad attivare il Fascicolo Sanitario Elettronico di CUP2000 e non dare, invece, la possibilità ai cittadini di scegliere autonomamente con quale app prenotare o accedere ad altri servizi (in una logica di libero mercato e di piena democrazia)? Perché non limitarsi a definire standard aperti e chiari attraverso cui altre realtà esterne possano affacciarsi al mondo dell’e-health e confrontarsi alla pari con gli altri player di mercato, magari collaborando, e contribuendo concretamente a sviluppare idee innovative e a creare nuove opportunità per il cittadino? Intenet va in questa direzione, l’open source va in questa direzione, il mondo va in questa direzione. Ignorare il cambiamento non serve a nulla.
Paolo PerlitiE-mail: paolo.perliti@miliaris.it
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Attivare il Fascicolo Sanitario Elettronico e definire standard aperti e chiari attraverso cui altre realtà esterne possano affacciarsi al mondo dell’e-Health ( e quindi al Fascicolo) non mi sembrano due cose in contraddizione tra di loro. Il FSE personale del cittadino potrebbe ospitare, come ospita file e scritti nel Taccuino, anche App che l’interessato scarica per la sua salute. Ad esempio per monitorare il suo corpo. Esistono già in commercio diversi dispositivi – bracciali o orologi – che svolgono questa funzione. Altre App potrebbero ricostruire, per il cittadino, percorsi di cura, di patologia e di salute, con algoritmi che utilizzano, con il consenso dell’interessato, i dati contenuti nel Fascicolo. Sono personalmente molto favorevole a questa ‘personalizzazione’ del FSE, a differenza di quei dirigenti della sanità che lo vorrebbe chiuso, una specie di Excel burocratico di dati sulla storia clinica dell’assistito. Sono due impianti culturali diversi dell’e-Health e io propendo chiaramente per il primo come il mio interlocutore. Detto questo, è necessario però fare chiarezza su un punto: chi deve attivare il FSE e la rete e-Health che lo genera? Il servizio pubblico o i privati? L’Agenda Digitale Europea e Italiana dicono il pubblico, il SSN e io sono d’accordo con loro. Perché? Per un semplice fatto. Possiamo mettere tutti i dati di salute e malattia degli italiani (e del mondo) nelle mani di un provider privato come Gooogle o Apple? Google c’ha provato, con Google Health e non casualmente ha fallito. I cittadini americani ( la sperimentazione è partita negli USA nel 2010) non si sono fidati. È vero che anche la burocrazia pubblica non offre sufficienti garanzie di riservatezza, ma almeno in quest’ambito – quello pubblico – si può pretendere e ottenere sistemi di controllo, di tracciabilità e di tutela della privacy come prevede la legge. E forse qualcosa di più: un App che mi segnala chi, senza autorizzazione, ficca il naso nei miei dati.
Mauro Morizzi
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