Due appuntamenti agli antipodi per discutere di Fascicolo Sanitario Elettronico


Milano, Assolombarda: il Cittadino al centro del sistema salute, 31 maggio 2010;
Salerno, Mercato San Severino: il FSE e l’e-Health, 3 giugno 2010.

È interessante osservare come due ambienti radicalmente diversi abbiano reagito, nella stessa settimana, alla presentazione del FSE (versione bolognese-emiliana), ovvero a una proposta di innovazione radicale per la sanità. Uno, quello “freddo”, professionale della sanità elettronica e del business dell’Assolombarda, delle scuole del Politecnico e della Bocconi di Milano, dei rappresentati delle maggiori software house. L’altro caldo e ospitale di un convegno con tanti medici di famiglia, di ospedale, operatori sanitari dell’Asl di Salerno e del Distretto Sanitario di Mercato San Severino. Ho potuto constatare, non senza sorpresa, che è più facile far comprendere una innovazione profonda come il FSE nel distretto salernitano che non all’ombra del Duomo di Milano. Il FSE è uno strumento che guarda al futuro, una innovazione del secondo decennio del nuovo secolo, e proprio per questo è di più facile comprensione da parte di medici impegnati senza mediazioni burocratiche nella cura dei pazienti, anche in territori difficili come quelli delle regioni meridionali. Mentre è più faticoso conquistare alla nuova cultura della sanità ad alta comunicazione persone ormai da decenni abituate a quella dei sistemi informativi, alla predominanza del business tecnologico, ad una visione prevalentemente ingegneristica e assai poco sociale e sociologica. Qui devo fare una critica, che spero non offenda minimamente i diretti interessati, alla scuola bocconiana e al Politecnico milanese: la loro difficoltà a comprendere l’evoluzione di internet (e dell’e-Health) come un mondo di reti interconnesse socialmente e non solo tecnologicamente. Le reti non sono fatte di soli fili. Sono forme organizzative che producono comunicazione di dati e informazioni, dotate sempre di un certo livello di autonomia. C’è una preponderanza nell’analisi di queste scuole del dato dell’investimento tecnologico, e quindi del business. Ciò rende più difficile la comprensione della nuova dimensione ‘sistemica’ della rete. La scuola sociologica bolognese, costruita pazientemente fin dagli anni ’70 da Achille Ardigò, riuscì meglio di altre, prima e soprattutto dopo l’avvento di internet, a porre le basi culturali per valutare la nuova dimensione del fenomeno e quindi il valore strutturale (socialmente informazionale, per usare un’espressione di M. Castells) della rete nel welfare e nella sanità. Una sanità ad alta comunicazione e ad alta deospedalizzazione non può che essere una sanità di Internet. Oggi, come molti sanno, anche l’automobile si ‘costruisce’ in Internet. A Mercato S. Severino e a Salerno ho trovato sperimentazioni di grande interesse come quella delle cooperative dei medici di famiglia che già a partire da due decenni fa avevano iniziato a sperimentare la cartella clinica elettronica (ne ha parlato il loro Presidente). Ho ascoltato con interesse gli interventi di Bruno Ravera, Presidente dell’Ordine dei Medici della Provincia di Salerno, di Francesco Benevento, Segretario Provinciale della FIMMG, di Corrado Caso, medico e giornalista che ha brillantemente presieduto il nostro incontro. Tutto questo mi ha confermato nella convinzione, già espressa in questo blog, che la crisi economica sanitaria di alcune regioni, come la Campania, è spesso inversamente proporzionale al livello delle potenzialità sanitarie e di cultura medica diffuse in questi territori. Personalmente penso che il passaggio alla sanità di internet potrebbe essere una grande occasione per sperimentare in queste regioni un nuovo modello di sanità, capace di valorizzare il patrimonio di conoscenze e di professionalità esistenti, di sfuggire ai pesanti condizionamenti di certi apparati della politica e della burocrazia. È un tema su cui vale la pena riflettere.


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