La mia relazione al Convegno in ricordo di Achille Ardigò

Mauro Moruzzi
Attualità del pensiero socio-tecnico di Achille Ardigò
Internet, la sanità e il welfare dei cittadini
Bologna, CUP 2000, 10 settembre 2013
1.
Viviamo al tempo di Internet, del Fascicolo Sanitario Elettronico e dell’assistenza ad Alta Comunicazione.
Molti non se ne accorgono – o preferiscono non accorgersene – restando aggrappati a quel piccolo mondo antico dove le cose e le idee si muovevano molto lentamente.
Altri, invece, navigano l’impetuosa corrente dell’innovazione tecnologica, cercando di trarne profitto personale e di parte.
Altri, ancora, pensano che questo nuovo mondo di comunicazione veloce possa cambiare la vita della gente, i servizi pubblici, il rapporto tra i cittadini, lo stato, la politica, il lavoro.
Tra questi ultimi c’era Achille Ardigò che ho conosciuto nel 1980, quando, giovane assessore comunale alla sanità nella Giunta del Sindaco Renzo Imbeni, m’interrogavo sulle liste di attesa per accedere agli esami e alle visite ambulatoriali delle USL, le vecchie Unità Sanitarie Locali (un tema però, come potete osservare leggendo anche i giornali di oggi, attualissimo).
Si parlava allora, usando un brutto termine, di informatizzare la sanità.
Osservavamo assieme, Ardigò ed io, che la discrezionalità nell’accesso alla sanità e ai servizi pubblici costituiva non solo una pratica socialmente odiosa, discriminatoria, a danno dei più deboli, dei pensionati, delle persone con redditi modesti, ma soprattutto un fattore di grande inefficienza del sistema sanitario.
Ci vollero altri nove anni per ideare, progettare, realizzare, ottenere il consenso politico per il primo Centro Unificato di Prenotazione cittadino d’Italia (a quel tempo esistevano solo rarissimi casi di sistemi elettronici di prenotazione in ambito ospedaliero o distrettuale).
E poi sono stati necessari altri trenta anni per arrivare al primo Fascicolo Sanitario Elettronico, che ho consegnato a Romano Prodi, qui, presso la sede di Cup 2000, il 15 dicembre 2009.
Nell’ultimo anno, il 2012, il Cup Metropolitano di Bologna – la cui tecnologia è oggi utilizzata non solo a Bologna, Modena e a Ferrara, ma anche a Firenze, Genova e in molte altre parti d’Italia – ha avuto circa 5 milioni di contatti con i cittadini attraverso i suoi ‘sportellisti’ – i dipendenti di Cup2000 che lavorano nei punti Cup e nei Call center – le farmacie, il web.
Questi contatti hanno generato, nella sola Bologna e in un anno, 15 milioni di prenotazioni elettroniche sanitarie riferite ad un catalogo di oltre 2000 tipologie di prestazioni.
Gli accessi alla sanità pubblica e privata accreditata attraverso il CUP avvengono, a differenza di altri, in modo tecnicamente trasparente, cioè attraverso una modalità di funzionamento del sistema sottratta ad ogni possibile forma di discrezionalità professionale o politica.
Questa rete, che oggi appartiene al mondo di Internet, costa, tutto compreso, tecnologia e personale, 0,5 euro a prestazione prenotata.
Una cifra che la stragrande maggioranza degli utenti pagherebbe volentieri di tasca propria se ciò non fosse impedito da strani regolamenti burocratici.
Ogni anno la sanità dell’Emilia Romagna produce circa settanta milioni di documenti clinici.
Questi documenti – referti, lettere di dimissioni dall’ospedale, certificati – sono materiali, cioè cartacei, costituiti da atomi di materia e viaggiano goffamente, lentamente, costosamente, trasportati da infermieri, assistenti, postini, utenti.
Nel solo 2012, la società Cup2000 ha dematerializzato 65 milioni di questi documenti (il 90%) inserendoli in formato, appunto, non materiale nella rete Sole del FSE.
Al posto dei costosi atomi di carta e d’inchiostro ora abbiamo dei bit, delle particelle non materiali, prive di massa come i fotoni della luce.
Un calcolo economico – presentato al Corso di Alta Formazione sul FSE “MITOS” dell’Università di Urbino, tenutosi a Napoli nel giugno scorso e pubblicato su il Sole 24Ore Sanità – ha potuto verificare che per ogni documento sanitario de-materializzato si ha un risparmio di circa 0,5 Euro, non solo per il venir meno del costo della carta e della stampa, ma anche di quello delle tante mani e gambe che fanno girare i fogli e degli spazi dove conservarli.
Questo risparmio, poi, può essere moltiplicato fino a dieci volte, dice la ricerca, se la de-materializzazione dei documenti sanitari è utilizzata per riorganizzare i processi produttivi, i percorsi di cura.
Un risparmio che in Emilia Romagna può oscillare tra i 35 e i 350 milioni di euro in un anno, cioè di gran lunga superiore ai costi del progetto del Fascicolo Sanitario Eelettronico e della gestione della rete Sole che lo genera.
Nel 2012, 3,5 milioni di cittadini dell’Emilia Romagna hanno dato il consenso affinché i loro dati di salute e di malattia possano essere condivisi, attraverso la rete del FSE, con il medico di famiglia e con i medici curanti degli ospedali e degli ambulatori.
60.000 di questi cittadini hanno anche attivato su Internet il loro Fascicolo Sanitario Elettronico in formato My Page: in qualsiasi momento possono leggere e condividere documenti clinici, prenotare una visita con il CupWeb, pagare un ticket on line, linkare il medico di famiglia o altri specialisti, caricare dal proprio PC o dalla rete documenti di interesse sanitario, scrivere osservazioni sul taccuino personale di salute.
Milioni di cittadini dell’Emilia Romagna si aggiungeranno ben presto sul web a questi primi 60.000 se un’innovazione così travolgente (travolgente ‘dal lato del cittadino’, direbbe Achille Ardigò) sarà fatta conoscere a tutti, con maggiore impegno, dalle aziende sanitarie.
Nella nostra regione una parte consistente della popolazione è anziana. E’ un dato di progresso e di civiltà. Ma ciò non è un impedimento all’accesso al FSE.
Chi è quella persona anziana che non ha per casa, ogni giorno o ogni tanto, un figlio, un nipote, certamente appassionato di web e di Facebook, disposto ad aprire il Fascicolo Sanitario del nonno? Gli studenti del liceo Galvani di Bologna si sono offerti di farlo ogni anno organizzano con noi un laboratorio e-Health.
Oggi il FSE, ideato e progettato dieci anni fa a Bologna, è oggi legge dello stato italiano – definitivamente approvata quest’anno, in agosto, con il Decreto ‘Fare’ del Governo Letta – e progetto di interesse europeo, come abbiamo sentito alcune settimane fa al meeting di Dublino organizzato dalla Comunità Europea sull’e-Health.
Ed anche il modello bolognese del Cup Metropolitano, realizzato nel lontano 1990, è ormai diffuso in tutte le regioni italiane (e perfino in alcune nazioni europee) e la legge sull’Agenda Digitale italiana, del dicembre 2012, rende i sistemi di prenotazione elettronica Cup obbligatori in Italia, assieme alla dematerializzazione dei documenti sanitari.
Queste straordinarie innovazioni del nuovo welfare ad Alta Comunicazione provengono da quel formidabile laboratorio di pensiero socio-tecnico che è stata la scuola di Achille Ardigò a Bologna.
La città è diventata, così, in questi anni un importante centro d’innovazione tecnologica, di elettronica per il cittadino, di reti Internet per la salute e l’assistenza: si pensi al progetto e-Care per l’assistenza in rete agli anziani fragili, voluto anch’esso fortemente da Achille Ardigò.
(Purtroppo Bologna non ha saputo ancora trasformare tutto ciò in un modello di sviluppo economico e occupazionale, innanzitutto per i giovani, nella sua Silicon Valley del Welfare elettronico, a causa di un ristagno culturale e politico che purtroppo affligge da anni la città).
2.
L’impegno di Achille Ardigò come docente, studioso, mentore, credente; la sua straordinaria capacità d’iniziativa come intellettuale protagonista della vita cittadina, come amministratore pubblico, uomo d’azione, hanno permesso la nascita di un eccezionale incubatoio di idee nuove, indirizzate al futuro, non condizionate dal ristagno dei poteri forti, dagli interessi di corto raggio della politica, dalla mediocrità delle relazioni di potere, da un relativismo privo di valori umani, dalle svariate forme di prudenza opportunistica.
Egli volle la società Cup2000 – della quale fu, come Commissario Straordinario degli IIOORR, socio fondatore nel 1966 e membro del CdA nei primi tre anni di vita dell’azienda, poi Presidente del Comitato Scientifico – come ‘soggetto terzo’, stazione tecnologica della rete, tecnologia al servizio dei cittadini e garante tecnologico dell’accesso.
Soggetto Terzo rispetto all’organizzazione sanitaria e ai cittadini, ma partecipato interamente dalle istituzioni pubbliche locali, e in primis dal Comune come ente a più diretto contatto con i cittadini.
Nella sua accezione, Cup2000 è soggetto tecnologico e non solo tecnico per la gestione della Rete. Prefigura così un modello estremamente originale, che negli stessi anni si afferma nell’amministrazione della Meta Rete o Rete delle Reti, cioè per Internet.
La gestione tecnologica della rete è terza rispetto ad un mondo di interazioni tra persone e competenze, tra individui e organizzazioni, tra cittadini e stati. Nel pensiero di Achille Ardigò ciò che è pubblico non può essere confuso con ciò che è statale, poiché quest’ultimo, a differenza del primo, è portatore non solo degli interessi della gente ma anche d’interessi suoi, di parte, autoreferenziali.
In Lui questa distinzione – oggi quanto mai attuale – è chiarissima, di profondo valore etico e sociale, indispensabile per distinguere le aspirazioni e gli interessi di un mondo vitale, quello della gente, dalla falsa razionalità del potere burocratico, dagli interessi corporativi, dalla cultura infima del relativismo.
Un relativismo valoriale frutto di un secolo non solo breve ma mediocre, che egli – richiamando il grande sociologo americano di origine giapponese Francis Fukuiama – contrappone all’eroismo, al coraggio e alla abnegazione dell’uomo risorgimentale dell’Ottocento il quale – e su ciò non possiamo dargli torto – ha ben poco in comune con i riferimenti della nostra modesta attualità.
Il Maestro colloca questa differenziazione – caratterizzante come si vedrà, del pensiero socio-tecnico – come condizione per un libero dispiegarsi della dinamica sociale delle reti, in particolare delle reti sociali, dei socialnetwork, di quel web 2.0 che lui potrà solo intravvedere.
Nella prefazione al mio libro Reti del Nuovo Welfare, la sfida dell’e-Care, pubblicato dall’editore Franco Angeli nel 2005, Achille Ardigò scrive:
“Quando le reti del primo tipo, quelle per Cittadini-Ambienti [della gente, del mondo vitale ndr], sono capaci di penetrare nel contesto sociale vincitore e poi aggredire le reti di organizzazione dei macro-poteri, allora non solo si formeranno miriadi di comunità di rete, ma certe Comunità di Rete più avanzate potranno entrare a modificare anche il meta sistema socio-tecnologico. Ciò fino al punto che i vecchi steccati dell’autoreferenzialità delle reti veicoli di organizzazioni di potere burocratico reggano sempre meno e anche una parte di esse accettino di collegarsi in forma comunicante e progettuale con il mondo dei cittadini..”
In queste parole, scritte tre anni prima di lasciarci, forse di non immediata comprensione, ma di estrema chiarezza analitica, Ardigò prefigura il mondo che stiamo vivendo; anticipa una visione del nuovo welfare in rete come dinamica di comunità comunicanti e non di individui isolati.
Egli colloca queste problematiche – come scrive, nello stesso saggio introduttivo – nell’ambito della “dura transazione dalla società burocratico – industriale ad una società di servizi post-moderna” .
Ma questa nuova società dei servizi può nascere solo – come afferma poco oltre – gettando “sul prossimo futuro una alternativa di comunità di Rete tra individui in ambiente vitale per rompere in positivo le dinamiche autoreferenziali dei sistemi di welfare state”.
La “nuova comunicazione progettuale tra soggettività e sistemi” che lo sviluppo delle reti promuove, si scontra con l’autoreferenzialità che invade la struttura burocratica dell’organizzazione pubblica e anche delle grandi organizzazioni private.
Il pensiero di Ardigò si presenta qui come una costante ricerca di un’oggettività, di una nuova razionalità, derivante fondamentalmente da rapporti inter-soggettivi e non da relazioni di potere; e quindi come un pensiero a-burocratico che si proietta a fondamento teorico di quella società in rete descritta a fine millennio in modo magistrale dal sociologo catalano Manuel Castells.
Le nuove e straordinarie possibilità di comunicazione tra utenti e professionisti della cura, offerte dalle tecnologie della Rete, richiedono una profonda rivisitazione del rapporto tra organizzazione assistenziale e cittadini.
Un rapporto che è governato strutturalmente, da oltre un secolo, dalla burocrazia che filtra razionalmente l’interazione tra sofferente e curante, tra bisognoso e assistente.
La rivisitazione di questo rapporto interessa la dimensione spaziale e temporale dei servizi del welfare, poiché è la burocrazia che ha assunto il governo dei tempi, dei modi e dei luoghi della cura; trasformando gli ospedali e le strutture totalizzanti non solo in luoghi di cure intensive, ma anche – come acutamente ha osservato Michel Foucault nel suo saggio sulla nascita della clinica – in luoghi di osservazione ravvicinati del paziente impropriamente sottratto al suo ambiente vitale.
L’uscita dalla crisi economica e finanziaria dei sistemi occidentali di welfare, esplosa nel nuovo secolo, può essere letta attraverso il pensiero socio-tecnico in un diverso framework.
L’origine di questa crisi non va solo ricondotta alla dilatazione incontrollata della spesa pubblica sorretta da un pesante (e iniquo, in Italia) sistema fiscale.
C’è stata anche una crescita a dismisura dell’autoreferenzialità del sistema pubblico e dei sistemi di assistenza.
Il Nostro grande sociologo, già negli anni 80, si pone la domanda: quanto il sistema da al cittadino e quanto trattiene per sé.
Il costo dell’autoreferenzialità del sistema assistenziale è così collocato al centro dell’analisi sulle cause della crisi dell’odierno welfare state. Essa è in primo luogo crisi comunicazionale, incapacità strutturale del sistema, costruito dalla burocrazia pubblica, di comunicare con un cittadino cambiato, iper-relazionale, informato, un nuovo utente dei servizi profondamente trasformato dalla società mediatica.
L’attenzione non è soltanto a Parsons e al sistema dell’agire sociale, ma soprattutto a Luhmann, al rapporto tra sistema dell’organizzazione pubblica dell’assistenza e ambiente dei cittadini.
Un Luhmann però rivisitato attraverso il pensiero di Habermas, le riflessione sull’empatia, le teorie sulla dinamicità mondi vitali.
L’autoreferenzialità del sistema ha un costo altissimo, che pesa enormemente sulle casse dello stato e poi sul sistema fiscale, ma soprattutto de-responsabilizza il cittadino, incide negativamente sull’efficacia e l’efficienza dei servizi. Ogni tentativo di razionalizzazione economica della spesa pubblica e in particolare di quella assistenziale non può eludere questo aspetto strategico della crisi.
I tagli alla spesa sanitaria e assistenziale finiscono per accentuare il male, perché colpiscono maggiormente la fruibilità dei servizi piuttosto che l’intermediazione burocratica.
La strada da intraprendere è quella dell’incontro tra il vecchio mondo della pubblica amministrazione, della sanità e del welfare, e quello nascente della Rete, di Internet e delle tecnologie dell’informazione, seguendo un cammino per altro già tracciato dalle realtà industriali e finanziarie più dinamiche.
Il pensiero socio-tecnico fornisce un formidabile strumento di comprensione di queste dinamiche post-moderne del welfare; offre soluzioni completamente diverse alla crisi dello stato assistenziale rispetto alle politiche recessive e neo- liberiste.
Un sistema ad Alta Comunicazione e a bassa burocrazia può abbattere l’enorme peso (e costo) dell’autoreferenzialità del welfare state, creando reali condizioni comunicative per un empowrement del cittadino.
Soltanto Internet e il Web offrono strumenti sufficientemente potenti per questa ciclopica impresa di comunicazione che rivoluziona lo stato burocratico moderno pensato e teorizzato da Max Weber e il welfare occidentale disegnato dal ministro britannico William Beveridge negli anni 40 del 900.
3.
L’incontro tra Internet e il welfare, che avviene in Italia con un ritardo di almeno 10 anni per le straordinarie resistente dell’apparato politico-burocratico, è destinato a cambiare in modo epocale l’organizzazione della cura nei sistemi sanitari e assistenziali.
Nel rapporto micro – macro, tra un individuo e un’organizzazione, tra un utente e un ente pubblico, la tecnologia serve – come ha scritto Kevin Kelly, fondatore di Wired – per trasformare un bisogno e quindi un’emozione, un sentimento, in un un prodotto e, nella pubblica amministrazione, in un servizio che può essere la sicurezza, l’istruzione o la sanità.
Questo concetto, esteso antropologicamente al genere umano e socialmente alla società odierna, delimita in modo olistico la tecnologia.
Un’automobile o una prestazione sanitaria sono sempre una risposta tecnologica di professionisti, di persone specializzate appartenenti al mondo organizzato, razionale, a un’emozione, a un bisogno di un altro mondo, quello vitale, non razionale e non razionalizzato.
Si costruisce la cura una persona utilizzando i mattoni di informazioni che sono racconti di vita, emozioni, bisogni e sofferenze di una mente e di un corpo.
Le reti di Internet trasportano queste informazioni vitali e cliniche alla velocità della luce, abbattendo le barriere dello spazio e del tempo e ogni espressione di differenza tra queste due entità, come aveva già intuito Einstein un secolo fa.
Si de-materializza il contenuto dell’informazione e si dematerializza anche il medium, il mondo dei bolli e dei certificati, il mondo della burocrazia.
Come aveva intuito McLuhan il medium diventa effettivamente il messaggio.
La carta si trasforma in impulsi elettrici che generano i bit i quali si liberano dei media pesanti, composti di atomi e di secoli di burocrazia.
I bit corrono sulle reti, albergano nei nodi – i nostri pc, i grandi server delle imprese e dei provider, i repository degli ospedali.
Nelle reti elettroniche di Internet il messaggio si svincola dal medium materiale e da quello umano, diventa virtuale, appartiene a mille mondi possibili. L’informazione virtuale diventa un’ombra che rispecchia quella reale, ma conserva una sua identità.
L’informazione virtuale accumulata nei nodi della rete, nei FSE, realizza una nuova era di personalizzazione del prodotto assistenziale che coincide con una nuova era di welfare.
La condivisione delle informazioni presuppone un nuovo livello di comunicazione, un senso condiviso delle cose in grado di superare l’incomunicabilità tra ambiente e sistema, tra mondi vitali e tecnologici e tra questi e il mondo tecnico, degli specialismi e degli specialisti.
Si costruisce un passaggio tra il mondo apollineo della scienza medica e quello dionisiaco della sofferenza umana.
Un passaggio comunicativo tra sistemi iper-organizzati e cittadini che richiede un nuovo senso condiviso della cura e dell’assistenza, la fusione tra senso professionale, razionale, organizzativo e senso ambientale della persona, dei mondi vitali.
Osserviamo ogni mattina lunghe file di anziani con un reddito di sussistenza, davanti agli sportelli dei punti Cup di Bologna, alla ricerca di prestazioni sanitarie che spesso non ci sono perché hanno tempi incompatibili con la paura della malattia prima ancora che con la sofferenza.
L’attesa, l’agenda chiusa, la mancanza di alternative perché troppo costose, esprime il senso di una razionalità organizzativa che appare in tutta la sua irrazionalità.
Occorre cercare un nuovo senso condiviso delle cose, empatico, tra una razionalità sistemica, economica, che non è razionale e le paure, le speranze della gente, che non sono irrazionali ma reali e alle quali non si può rispondere in modo autoritario.
Senso e responsabilizzazione, empowerment.
Achille Ardigò, nelle prime discussioni sulla Rete Sole e sul progetto del Fascicolo Sanitario Elettronico, nel 2002, sottolinea la necessità che i dati di salute in rete siano condivisi dai singoli utenti in un sito individuale potetti sul web.
I cittadini e non soltanto i medici devono poter accedere ai dati e alle informazioni personali di salute contenute nel Fascicolo Sanitario Elettronico.
Anzi, il Fascicolo deve essere del cittadino.
Per la prima volta nell’informatica sanitaria italiana si progetta un’architettura di reti di generazione Internet (e-Health) prioritariamente al servizio della comunicazione tra medico e assistito.
L’innovazione è potente e ribalta l’impianto tecno-culturale imperante da oltre trenta anni in ambito informatico.
Si progettano reti socio-tecniche attraverso le quali il cittadino assistito dal sistema sanitario può accedere ai propri dati saluti conservati nei server dell’organizzazione sanitaria e trasferirli in un proprio sito web (My Page), ovvero nel FSE.
Qualcosa d’impensabile fino allora, guardato con sospetto e con scetticismo dai grandi player di mercato dell’ICT sanitaria e di Internet, in particolare dopo il fallimento di Google Health.
Il primo passo era compiuto, il vetro delle resistenze burocratiche rotto. La My Page del Fascicolo si trasforma in una piattaforma di servizi on line per il cittadino.
La nuova architettura si libera anche delle costrizioni concettuali fino allora insite nella cultura tecnica dei sistemi informativi delle Asl, restia all’apertura al mondo del cittadino.
Si costruiscono reti e-Health a dimensione regionale, grafi di alta comunicazione. I nodi di questi grafi sono popolati prima da medici e pediatri di famiglia, poi da medici specialisti di ospedale, di ambulatorio e di case di cura accreditate, da farmacisti, infine dagli stessi cittadini utenti del servizio sanitario regionale.
Il pensiero socio-tecnico abbandona la tradizionale separazione tra pensiero scientifico e cultura sociale e umanistica trovando ispirazione in autori come Derrick de Kerchkove , Manuel de Landa, Douglas Hofstadter, Albert-László, Achille Ardigò e nelle formulazioni del pensiero socio-cibernetico.
La fisica di Einstein, la teoria quantistica di Planck, la fisica e l’astro-fisica delle particelle, la biologia molecolare e la moderna antropologia, le teorie della complessità e del caos forniscono gli strumenti scientifici per un nuovo e spettacolare incontro tra la sociologia dei sistemi, la scienze dell’organizzazione e delle reti, la filosofia della vita.
Da questo incontro multidisciplinare trae alimento il pensiero socio-tecnico.
Le Reti ad Alta Comunicazione delle informazioni di salute tra un individuo che soffre e i professionisti che lo curano costituiscono, così, il motore tecnologico e sociale del funzionamento del nuovo welfare assistenziale e questo motore ha un cuore socio-tecnico.


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