Nel libro di Mariana Mazzucato, Lo Stato Innovativo (Laterza 2014), si prospetta, a partire dall’esperienza statunitense e in controcorrente culturale, un ruolo, appunto, ‘innovativo’ dell’intervento pubblico in economia. Uno stato che potrebbe sostenere, e a volte lo fa (in America, in Germania), le start up o la crescita di nuovi comparti economici, dall’elettronica a l’agroalimentare. L’Emilia Romagna ha esperienze passate (dei distretti industriali e artigianali) e recenti ( le nuove filiere alimentari). Poi ha alcune ‘partecipate’ che operano in territori di confine come Cup2000 ( la più consistente, oltre 500 occupati) e Lepida ( una sessantina occupati). Società ‘in house’ che intervengono in un campo strategico del futuro: la dematerializzazione della pubblica amministrazione, in particolare del welfare sanitario e comunale. Bologna e l’Emilia Romagna hanno una tradizione antica nei servizi locali al cittadino. La dematerializzazione del welfare locale e l’introduzione in questo comparto dell’alta comunicazione di Internet, potrebbe essere una scelta di importanza epocale per l’economia (e l’occupazione giovanile) nostrana, in un contesto di innovazione industriale europea. È noto infatti che ‘prodotti’ come il Fascicolo Sanitario Elettronico e il Cup, inventati qui (si può dire?) hanno suscitato interesse europeo e sono stati perfino copiati e diffusi in Italia e in altri paesi. Allora perché non cogliere l’occasione del ‘riordino delle partecipate’ – di cui si sta discutendo la Giunta Regionale in questi giorni – per lanciare un nuovo comparto dell’industria dematerializzata, il welfare elettronico di Internet? Questo sarebbe lo stato innovativo di cui parla la Mazzucato.
Lo stato innovativo, la Regione e le ‘partecipate’
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