Riscoprire i mondi vitali, una rilettura utile

Ho scelto come (ri)lettura per le vacanze agostane un libro del mio Maestro, scritto nell’ormai lontano 1980: Achille Ardigò, Crisi di governabilità e mondi vitali (Nuova Universale Cappelli). Scritto in un periodo tragico della situazione italiana (era l’anno dell’assassinio di Aldo Moro, la fine di un decennio di lotte sociali aspre seguite dal crollo di tante illusioni ‘movimentiste’ e della speranza in radicali cambiamenti), il libro conserva un’attualità sorprendente. Attualità sociologica, nella riproposizione di un dualismo tra mondi vitali della gente (intersoggettività diffusa) e sistemi sociali organizzati (la scuola, la sanità, lo stato, i partiti ecc.); e perfino, cosa ancor più sorprendente, attualità politica (l’analisi di due mondi, quello della politica organizzata
e dei cittadini che, come nella deriva di continenti, inevitabilmente si separano). Ma il cuore dell’opera è senza dubbio la rivisitazione, attualizzata nella specifica situazione sociale italiana, del pensiero di grandi maestri della sociologia del 900, in particolare Husserl, Shultz, Luhmann, Habermas, Shumpeter, Giddens. La tesi di Ardigò è nota: solo attraverso una transazione di intersoggettività, di valori autentici di vita, dal modo vitale a quello dei grandi sistemi organizzati, istituzionali e politici, è possibile superare la crisi sociale in atto e le degenerazioni che questa alimenta. Ricordo che in quegli anni 80 egli si fece promotore, e io con lui, dei primi ‘Comitati Misti’ per la tutela dei diritti dei malati. Misti perchè partecipati sia da volontari, anche espressione delle associazioni dei malati, che da medici e rappresentanti delle strutture sanitarie pubbliche. I problemi del mondo vitale dei malati e delle loro famiglie dovevano essere parte della conoscenza e dell’esperienza di chi aveva funzioni dirigenti in sanità: il mondo vitale della gente doveva entrare nel sistema di governabilità delle istituzioni pubbliche: un problema che già negli anni 80 la politica non riusciva più a risolvere e che considero oggi attualissimo. Per queste sue idee, che gli facevano riscoprire il protagonismo dei piccoli gruppi, anche di quelli marginali ed emarginati, scomodi, privi di potere relazionale (e quindi invisi al potere costituito), Ardigò non era amato e corteggiato dai potenti. Pur essendo uno dei padri della sociologia italiana, non ha avuto in vita quei riconoscimenti pubblici largamente e generosamente distribuiti dalla classe dirigente della sua città a intellettuali di ben più modesta fama. Consiglio questa lettura a chi non si accontenta di un pensiero comodo e buono, all’occorrenza, per ogni uso.


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