Start up, giovani, welfare elettronico, bit e mattoni

Federico Rampini e Fred Zakaria, su La Repubblica di oggi, fanno il punto sul fenomeno delle start up statunitense, le aziende create dai giovani, dopo l’esplosione economica della Silicon Valley. Commentano studi della Federal Reserve, la banca centrale americana e di Robert Litan (pubblicato sull’ultimo numero su Foreign Affairs). La notizia è che queste aziende sono in calo per carenza di giovani e per la presenza delle ‘vecchie’ start up come a Google e Apple diventata ingombrante. I garage della California sono vuoti. Ma i dati presentati (riassunti nella tabella qui sotto) ci colpiscono per il divario colossale con la situazione italiana e anche dell’Emilia Romagna, che ha uno zero in meno in percentuale di aziende promosse o dirette da giovani sotto i 30- 35 anni. Solo nel periodo del boom economico degli anni 50-60 nella nostra regione ci fu un fenomeno analogo, con tanti giovani che avviavano imprese artigiane nel manifatturiero, in particolare nella metalmeccanica lungo la via Emilia. Io, da ragazzino, abitavo lungo la via Emilia e ricordo la miriadi di fienili e stalle (allora non c’erano molti garage) trasformate in officine con torni e fresatrici addossate ai vecchi muri delle fattorie. Oggi il problema dell’occupazione giovanile, soprattutto quello dell’ingresso dei laureati nel mondo delle imprese, passerà dalla promozione delle start up, in quanto la pubblica amministrazione e le vecchie aziende assumono ormai ben pochi giovani. Ma in quali settori, e con che mezzi iniziali? Non certo nel manifatturiero. Penso che uno dei campi più interessanti sia quello del welfare elettronico, della sanità e dell’assistenza dematerializzata, nel quale è cresciuta la ‘start up’ CUP 2000 spa. A condizione che al posto delle vecchie aree artigianali ‘attrezzate’ create dai nostri Comuni negli anni 60 – per far decollare le officine nate nei fienili – si faccia incubazione tecnologica vera per far uscire i giovani talenti nostrani dai garage. Ma per far questo occorre un salto culturale della politica e della amministrazione locale, passando dalla promozione del mattone a quella delle idee, dagli atomi della pietra ai bit. E mi rendo conto che il problema non è solo culturale.

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