Olimpia, Grecia
Un terremoto VI secolo DC ha distrutto tutti i monumenti della famosa cittadina del Peloponneso per mille anni sede dei giochi olimpici, anche se la vera distruzione era avvenuta cent’anni prima, quando l’imperatore bizantino cristiano Teodosio aveva decretato la fine dei giochi in onore degli dei pagani. Gli scavi hanno riportato alla luce gli antichi templi, tra cui quello maestoso dedicato a Zeus, che aveva due gruppi scultorei nei due timpani che sottostavano il tetto dell’edificio.
Ora, a noi interessa comprendere il significato di queste due rappresentazioni scolpite nel 500 A C dalla bottega di Fidia. Una spiegazione che non si trova facilmente nelle guide, ma che potrebbe essere utile per interpretare fenomeni sociali che si ripresentano in diverse epoche storiche, come acuti sociologi e mediologi quali Luhmann e Mcluhan hanno in più occasioni osservato.
I due frontoni sono stati ricostruiti nel museo locale da minuziosi archeologi tedeschi della fine dell’800.
Un frontone ha al centro il dio Apollo che si erge nella sua bellezza per tutta l’altezza massima (centrale) del triangolo isoscele e, attorno a lui, nei due angoli laterali, si svolge una violenta lotta tra centauri e lapiti, abitanti dei monti Lapiti del Peloponeso. I centauri erano stati invitati ad un pranzo di nozze; si ubriacano, molestano la sposa e le donne e scatenano una rissa. L’eroe Teseo, presente tra gli invitati alle nozze (!), aiuta i lapiti a scacciare queste antiche e barbare creature del bosco. Nietzsche, nel suo famoso saggio sull’origine della tragedia greca, fornisce la chive per comprendere il significato della rappresentazione (che lui difficilmente avrà potuto osservare). La razionalità della nuova società greca del V secolo, ben rappresentata dalla perfezione di Apollo, si contrappone all’irrazionalità delle epoche arcaiche dagli oscuri riti dionisiaci e dalle mostruose creature del bosco. Un nuovo ordine sociale si impone come vincente nella perfezione delle forme (e delle strutture organizzative di governo della società). È il tempo di Pericle e della razionalità militare e sociale greca che sconfigge i persiani.
Per noi moderni, questa era di grande razionalità è stata il Novecento dove trionfa l’ organizzativa ‘scientifica’ della fabbrica industriale (‘cantata’ da un ingegnere statunitense, Frederick Taylor) e quella dello stato ad alta burocrazia (teorizzato da un professore tedesco, Max Weber).
Nel ‘nostro’ ‘900 ha trionfato la razionalità apollinea, ma il nuovo dio non era il figlio di Zeus e l’auriga del carro del Sole, bensì la burocrazia, soprattutto quella statale.
Il secondo timpano, il principale, quello che sovrastava l’ingresso al tempio, è dominato dalla figura centrale di Zeus, a cui il tempio è dedicato. Qui la rappressentazione scultorea non è dinamica come la precedente, ma statica. Tutti sono fermi per l’inizio di una gara che si presume arbitrata dal dio degli dei. Un antico re del luogo gareggerà con un aspirante genero che vorrebbe sposare sua figlia. La gara è una corsa tra carri trainati da una quadriglia di cavalli; il premio per l’aspirante vincitore è la mano della figlia del re, ma la punizione per il giovane perdente è la morte. Molti pretendenti hanno già perso questa gara e il vecchio e astuto sovrano adorna delle loro teste l’ingresso della reggia, il palazzo del governo. La faccia triste di un vecchio indovino di corte fa intravedere la fine tragica di questa gara: il re morirà cadendo dal suo carro e il giovane sfidante prenderà il suo posto con il favore del padre degli dei. Come interpretarlo? Forse nel passaggio tragico ma naturale (la compostezza del dio eretto al centro della scena) tra il vecchio ordine sociale, gerontrocratico, e il nuovo; una rottamazione ante litteram.
Non sappiamo quale delle due rappresentazioni è stata scolpita (da Fidia?) prima e quale dopo, nè di ciò dicono le scarne guide del museo di Olimpia. Potremmo supporre che sia stata per prima scolpita e mostrata al pubblico quella di Zeus. In qusto caso il regicidio e la soppressione del regime gerontocratico precede la nuova razionalità (apollinea); ma non si può escludere che lo scultore abbia proceduto per gradi, riservando il finale dell’opera al trionfo di Zeus. In questo secondo caso la razionalità apollinea (oggi diremmo, burocratica) è soltanto un passaggio verso un nuovo ordine sociale che si completa con la sconfitta delle forze politiche gerontocratiche del passato assieme alla vecchia razionalità delle strutture organizzative.
Un’interpretazione che piacerebbe certamente a Mcluhan, che ha interpretato la nuova era ‘elettrica’ ( cioè quella che sarà poi di Internet) come una forma di drammatico distacco dal pensiro razionale greco che fondato la bi-millenaria cultura moderna.
Alcuni di questi concetti li ritroverete a settembre, nel mio nuovo libro sulla sanità dematerializzata e il welfare a bassa burocrazia, edito da Pensiero Scientifico Editore.
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